Autore: salutextutti.it

  • Vaccini, Castiglia (UniSs): “Coperture per meningococco insufficienti, è necessario intervenire”

    Vaccini, Castiglia (UniSs): “Coperture per meningococco insufficienti, è necessario intervenire”

    Al Congresso della Società Italiana di Igiene, tenutosi a Bologna il 24 ottobre 2025, il professor Paolo Castiglia, docente di Igiene presso l’Università di Sassari, ha lanciato un appello urgente per migliorare le coperture vaccinali contro la malattia meningococcica. Durante il suo intervento, Castiglia ha sottolineato che, sebbene la malattia sia rara, i casi che si manifestano possono avere esiti letali in alta percentuale. Per questo motivo, ha evidenziato l’importanza di raggiungere coperture vaccinali vicine al 95%, come avviene per le vaccinazioni obbligatorie.

    Il problema della bassa adesione vaccinale

    Il professore ha messo in evidenza che la vaccinazione contro il meningococco presenta una minore adesione rispetto ad altre vaccinazioni, come quella anti-pneumococcica, che beneficia della co-somministrazione con l’esavalente nell’infanzia. Castiglia ha esortato a trovare “nuovi strumenti organizzativi e comunicativi” per aumentare le adesioni. “Ogni mancata vaccinazione è una possibile vita a rischio”, ha avvertito, sottolineando che non si può accontentarsi di percentuali discrete. L’obiettivo, ha affermato, deve essere la protezione collettiva.

    Informazione e integrazione dei calendari vaccinali

    Castiglia ha suggerito che informare i genitori e integrare i calendari vaccinali possa essere determinante per riportare il Paese ai livelli raccomandati. Ha specificato che la vaccinazione anti-meningococcica è “fortemente raccomandata” durante l’adolescenza, un periodo che segue la prima infanzia e che presenta una maggiore incidenza di malattia meningococcica, oltre a una maggiore letalità. Queste indicazioni sono parte del Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale, che conferisce alle Regioni la facoltà di promuovere questa vaccinazione in base al loro contesto epidemiologico.

    Opzioni di vaccinazione e disponibilità regionale

    Attualmente, sono disponibili due vaccini sicuri ed efficaci per la fascia adolescenziale. Castiglia ha spiegato che chi ha già ricevuto un vaccino nell’infanzia può semplicemente ottenere una dose booster, mentre chi non è mai stato vaccinato deve iniziare un nuovo ciclo con due dosi. Ha inoltre evidenziato che alcune Regioni offrono gratuitamente questa vaccinazione, mentre altre stanno iniziando a implementarla. I genitori interessati a vaccinare i propri figli devono contattare i servizi di igiene pubblica per verificare le opzioni disponibili nella loro Regione. Qualora la vaccinazione non fosse stata ancora offerta, è comunque possibile effettuarla a pagamento tramite ticket. L’auspicio è che tutte le Regioni possano offrire la vaccinazione gratuitamente insieme alle altre vaccinazioni per l’adolescenza in tempi brevi.


    During the Italian Society of Hygiene Congress in Bologna on October 24, 2025, Professor Paolo Castiglia from the University of Sassari called for urgent improvements in vaccination coverage against meningococcal disease. He noted that, while rare, the disease can have high mortality rates, emphasizing the need to achieve vaccination rates close to 95%. Castiglia pointed out the low adherence to meningococcal vaccines compared to others, urging the development of new organizational and communicative strategies to increase participation. He stressed the importance of informing parents and integrating vaccination schedules to meet recommended levels. The vaccination is particularly recommended during adolescence, a period with increased incidence and lethality. Two safe and effective vaccines are available for adolescents, with options for free or paid vaccination depending on the region. Castiglia hopes all regions will soon provide this vaccination at no cost, promoting collective protection.

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  • Rinosinusite cronica con poliposi nasale: approvato in Ue il monoclonale tezepelumab

    Rinosinusite cronica con poliposi nasale: approvato in Ue il monoclonale tezepelumab

    Il 24 ottobre 2025, la Commissione Europea ha dato il via libera all’uso dell’anticorpo monoclonale tezepelumab come trattamento aggiuntivo ai corticosteroidi intranasali per la rinosinusite cronica con poliposi nasale (CRSwNP). Questa approvazione rappresenta un importante passo avanti per i circa 320 milioni di persone affette da questa condizione infiammatoria a livello globale. La decisione si basa sui risultati promettenti dello studio di fase 3 denominato Waypoint, i cui dati sono stati presentati durante il congresso congiunto dell’American Academy of Allergy Asthma & Immunology e della World Allergy Organization, tenutosi a San Diego nel 2025.

    La rinosinusite cronica con poliposi nasale

    La rinosinusite cronica con poliposi nasale è una malattia caratterizzata da un’infiammazione persistente della mucosa nasale, spesso accompagnata dalla formazione di polipi nasali. Questi polipi possono ostruire le vie respiratorie, causando difficoltà respiratorie, perdita dell’olfatto, secrezioni nasali e dolore al viso. Inoltre, i pazienti possono sperimentare disturbi del sonno e altri sintomi che compromettono significativamente la loro qualità della vita. Nonostante le attuali terapie, molti pazienti non riescono a ottenere un controllo adeguato della malattia, rendendo necessarie opzioni terapeutiche alternative.

    I risultati dello studio Waypoint

    Lo studio Waypoint ha dimostrato che tezepelumab può ridurre in modo significativo le dimensioni dei polipi nasali e migliorare i sintomi associati alla malattia. I risultati, pubblicati sul New England Journal of Medicine, mostrano che il farmaco ha quasi completamente eliminato la necessità di interventi chirurgici e ha ridotto l’uso di corticosteroidi sistemici rispetto al placebo. Il parere positivo del Comitato per i medicinali per uso umano dell’Agenzia europea del farmaco ha facilitato l’approvazione del trattamento, che offre una nuova e innovativa opzione terapeutica per i pazienti.

    Le dichiarazioni degli esperti

    Oliver Pfaar, presidente della sezione di Rinologia e Allergia presso l’Università di Marburg, ha sottolineato l’importanza di questa approvazione, evidenziando come la rinosinusite cronica con poliposi nasale rappresenti una condizione complessa spesso associata a interventi chirurgici ripetuti e a un trattamento prolungato con corticosteroidi. La disponibilità di tezepelumab offre una soluzione che potrebbe ridurre significativamente la gravità dei sintomi e la necessità di terapie invasive. Ruud Dobber, vicepresidente esecutivo di AstraZeneca, ha aggiunto che l’approvazione estende i benefici di questo farmaco oltre l’asma grave, dimostrando l’efficacia del suo meccanismo d’azione innovativo.

    Un futuro promettente per i pazienti

    Per molti pazienti affetti da rinosinusite cronica con poliposi nasale, le attuali terapie non forniscono un sollievo duraturo dai sintomi. Tezepelumab, un anticorpo monoclonale di prima classe, inibisce l’azione della timic stromal lymphopoietin (Tslp), una citochina chiave che avvia la cascata infiammatoria. Questa nuova opzione terapeutica rappresenta una speranza concreta per migliorare la qualità della vita di chi soffre di questa malattia complessa.


    Il 24 ottobre 2025, la Commissione Europea ha approvato l’anticorpo monoclonale tezepelumab come trattamento aggiuntivo ai corticosteroidi intranasali per la rinosinusite cronica con poliposi nasale (CRSwNP), beneficiando circa 320 milioni di pazienti globalmente. Questa decisione si basa sui risultati del promettente studio di fase 3 Waypoint, presentato durante un congresso a San Diego. La CRSwNP è caratterizzata da un’infiammazione persistente e dalla formazione di polipi nasali, causando difficoltà respiratorie e un significativo impatto sulla qualità della vita. I risultati dello studio Waypoint mostrano che tezepelumab può ridurre le dimensioni dei polipi e migliorare i sintomi, quasi eliminando la necessità di interventi chirurgici. Oliver Pfaar ha sottolineato l’importanza di questa approvazione per un trattamento efficace e Ruud Dobber di AstraZeneca ha evidenziato il potenziale del farmaco oltre l’asma grave. Tezepelumab offre così una nuova speranza per i pazienti.

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  • Pravettoni (Unimi): l’Agorà della psicologia tra arte, letteratura e filosofia

    Pravettoni (Unimi): l’Agorà della psicologia tra arte, letteratura e filosofia

    Il 24 ottobre 2025, presso l’Università degli Studi di Milano, si è tenuta la presentazione di un’iniziativa innovativa nel campo della psicologia. Gabriella Pravettoni, professoressa di Psicologia, ha annunciato la nascita dell’Agorà della Psicologia, un progetto culturale volto a rivedere la rappresentazione della disciplina. L’idea alla base di questa iniziativa è chiara: la psicologia non deve essere vista solo attraverso la lente del disagio, ma deve trovare espressione anche in forme artistiche e culturali.

    Un nuovo approccio alla psicologia

    L’Agorà della Psicologia si propone di creare uno spazio di confronto e dialogo, dove la psicologia possa essere esplorata attraverso l’arte, la letteratura e la filosofia. Questo approccio mira a promuovere una visione più positiva e costruttiva della disciplina, invitando a riflettere su come la psicologia possa influenzare e migliorare la vita quotidiana delle persone. Pravettoni ha sottolineato l’importanza di raccontare la psicologia non solo come una scienza che si occupa di problemi, ma anche come una risorsa per il benessere e la crescita personale.

    Un’iniziativa culturale di ampio respiro

    Il progetto si propone di organizzare eventi, mostre e incontri che coinvolgeranno esperti, artisti e il pubblico. L’obiettivo è quello di stimolare un dialogo aperto e inclusivo, creando un ambiente in cui le persone possano condividere esperienze e conoscenze. Attraverso questo scambio, l’Agorà della Psicologia intende abbattere le barriere tra la psicologia e la società, rendendo la disciplina più accessibile e comprensibile.

    La presentazione ha suscitato un grande interesse tra gli studenti e i professionisti del settore, che hanno accolto con entusiasmo l’iniziativa. L’Università degli Studi di Milano si conferma così un punto di riferimento per l’innovazione nel campo della psicologia, proponendo un modello che potrebbe essere replicato anche in altre istituzioni.

    Un futuro promettente per la psicologia

    Con l’Agorà della Psicologia, si apre una nuova fase per la disciplina, caratterizzata da un rinnovato impegno verso la comunità. La professoressa Pravettoni ha concluso il suo intervento esprimendo la speranza che questo progetto possa ispirare altre iniziative simili, contribuendo a una maggiore consapevolezza e valorizzazione della psicologia nella società contemporanea. L’evento di oggi rappresenta solo il primo passo di un percorso che promette di arricchire il panorama culturale e scientifico italiano.


    On October 24, 2025, at the University of Milan, Professor Gabriella Pravettoni announced the launch of the “Agorà della Psicologia,” an innovative cultural initiative aimed at reframing the perception of psychology. This project seeks to explore psychology beyond its association with distress, emphasizing its expression through art, literature, and philosophy. The Agorà aims to create a dialogic space to promote a constructive view of psychology, highlighting its potential to enhance everyday life and personal growth. Plans include organizing events, exhibitions, and discussions featuring experts and artists, fostering inclusive dialogues that bridge psychology and society. The initiative generated significant interest among students and professionals, positioning the University of Milan as a leader in psychological innovation. Pravettoni expressed hope that this initiative would inspire similar projects, elevating the awareness and appreciation of psychology within contemporary society, marking the beginning of a transformative journey for the discipline in Italy.

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  • ICare 2025: il ruolo cruciale dell’anestesista-rianimatore nell’oncologia e nel fine vita

    ICare 2025: il ruolo cruciale dell’anestesista-rianimatore nell’oncologia e nel fine vita

    Il congresso nazionale ICare 2025, organizzato dalla SIAARTI (Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva), si è svolto a Roma il 24 ottobre 2025, approfondendo temi cruciali come la gestione del dolore oncologico e le cure palliative. Questo evento ha messo in luce l’importanza di affrontare il dolore non solo nei pazienti oncologici, ma anche in coloro che convivono con malattie croniche o degenerative. Durante la seconda giornata del congresso, è emersa la figura centrale dell’anestesista-rianimatore, il quale gioca un ruolo fondamentale nel garantire un’assistenza continua e umana per i pazienti durante tutto il loro percorso di cura.

    Il ruolo dell’anestesista-rianimatore

    Le sessioni del congresso hanno evidenziato come l’anestesista-rianimatore non sia solo un professionista tecnico, ma un punto di riferimento per i pazienti e le loro famiglie. La figura professionale è cruciale nella gestione del dolore, in particolare nel contesto oncologico e nelle cure palliative. L’importanza di un approccio multidisciplinare è stata sottolineata da Silvia Natoli, responsabile dell’Area culturale SIAARTI Medicina del dolore e cure palliative, che ha affermato che il dolore deve essere trattato sin dalle fasi iniziali della malattia. La terapia antalgica non dovrebbe essere vista come un intervento da riservare solo alle fasi terminali, ma come un diritto per tutti i pazienti che ne hanno bisogno.

    Le sfide nella gestione del dolore

    Un altro tema centrale discusso durante il congresso è stato il cosiddetto “breakthrough pain“, un dolore intenso e improvviso che può colpire i pazienti già in trattamento. Questo tipo di dolore richiede interventi rapidi e personalizzati, evidenziando la necessità di una rete efficiente di centri specializzati. La mancanza di accesso a tali strutture è stata identificata come una delle sfide principali nel garantire un trattamento adeguato e tempestivo. La SIAARTI ha messo in evidenza l’importanza di sviluppare una rete nazionale che permetta a ogni cittadino di ricevere cure appropriate.

    Etica e qualità della vita in terapia intensiva

    Il congresso ha affrontato anche le questioni etiche legate alla terapia intensiva. Alberto Giannini, responsabile del Comitato etico SIAARTI, ha sottolineato che il compito dei medici non è solo quello di prolungare la vita, ma anche di preservarne la qualità. Quando i trattamenti diventano inappropriati o eccessivamente gravosi, è fondamentale adottare un approccio palliativo che continui a prendersi cura del paziente, alleviando il dolore e garantendo dignità. Questo approccio è considerato un gesto medico di grande importanza e non una rinuncia.

    Prossimi passi e futuro delle cure palliative

    Il congresso ICare 2025 si conferma come un’importante piattaforma di discussione su temi di rilevanza sociale, come il diritto alla cura del dolore e l’etica delle decisioni di fine vita. La SIAARTI ha annunciato un nuovo congresso dedicato all’Area culturale dolore e cure palliative che si terrà a Riccione dall’8 al 10 aprile 2026. Questo incontro avrà come obiettivo quello di continuare il dibattito scientifico e culturale sull’evoluzione delle cure palliative nel sistema sanitario nazionale e sul diritto al sollievo per tutti i pazienti.


    The ICare 2025 national congress, organized by SIAARTI in Rome on October 24, 2025, focused on critical issues like cancer pain management and palliative care. It emphasized the importance of addressing pain not only in oncology but also in patients with chronic and degenerative diseases. A key topic was the anesthesiologist’s role, highlighted as a vital caregiver throughout the patient’s treatment journey. Sessions stressed the need for a multidisciplinary approach to pain management, advocating for early interventions rather than exclusively palliative care in later stages of illness. The congress also addressed “breakthrough pain,” necessitating rapid, personalized responses and improved access to specialized care centers. Ethical considerations in intensive care were discussed, with an emphasis on maintaining patients’ quality of life. The event served as a vital platform for discussing social issues like the right to pain relief and end-of-life ethics, announcing a follow-up congress on palliative care scheduled for April 2026 in Riccione.

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  • Giornata sulla spina bifida: focus su prevenzione e innovazioni chirurgiche

    Giornata sulla spina bifida: focus su prevenzione e innovazioni chirurgiche

    La spina bifida rappresenta una grave malformazione congenita che deriva dalla chiusura incompleta del tubo neurale nelle prime settimane di gravidanza, in particolare tra il 17° e il 30° giorno dopo il concepimento. Questa condizione, insieme all’idrocefalo, può avere un impatto significativo sullo sviluppo e sulla qualità della vita dei neonati. Diversi fattori, tra cui quelli genetici, ambientali e nutrizionali, sono implicati nello sviluppo di tali anomalie. Tra i principali fattori di rischio si evidenzia la carenza di acido folico, ma anche il diabete materno, l’obesità, l’ipertermia in gravidanza e l’assunzione di alcuni farmaci antiepilettici giocano un ruolo cruciale. Domani, il 18 ottobre 2025, si celebra la Giornata mondiale della spina bifida e idrocefalo. A livello globale, si stimano circa 2 casi ogni 1000 nati vivi, corrispondenti a un totale annuale di nuovi casi che varia tra i 214.000 e i 322.000. Negli Stati a basso e medio reddito, l’incidenza rimane elevata, con circa 2 milioni di casi all’anno, in parte a causa della mancanza di programmi sistematici di supplementazione di acido folico e della limitata disponibilità di diagnosi prenatale.

    Situazione negli stati uniti e in europa

    Negli Stati Uniti, i dati più recenti indicano una prevalenza di 3,5 casi ogni 10.000 nati vivi, ovvero 1 ogni 2.875, grazie a decenni di fortificazione della farina con acido folico. In Europa, secondo le informazioni fornite da Eurocat, la prevalenza media è di 4,9 casi ogni 10.000 nascite, con una distribuzione non uniforme a causa delle diverse politiche di fortificazione alimentare obbligatoria tra i vari paesi. In Italia, la raccolta sistematica di dati epidemiologici su questa patologia risulta ancora frammentaria, ma le stime regionali suggeriscono valori allineati alla media europea, specialmente nelle aree con una buona copertura di supplementazione folica pre-concezionale.

    Iniziative della società italiana di neonatologia

    La Società Italiana di Neonatologia (SIN) ha da tempo sottolineato l’importanza di rendere obbligatoria la fortificazione di acido folico in alcuni alimenti. Questa posizione è stata ribadita in occasione della Giornata mondiale della spina bifida e idrocefalo, evidenziando un approccio integrato che vada dalla prevenzione in epoca preconcezionale al follow-up a lungo termine. Secondo il presidente della SIN, Massimo Agosti, “la prevenzione primaria dei difetti del tubo neurale deve continuare a essere la supplementazione con acido folico in epoca peri-concezionale, preferibilmente obbligatoria”. Nel corso degli ultimi anni, sono emerse nuove tecniche chirurgiche per il trattamento della spina bifida e dell’idrocefalo, tra cui interventi di chirurgia prenatale e approcci fetoscopici mininvasivi. Tuttavia, i dati attuali sono ancora preliminari e necessitano di follow-up a lungo termine e standardizzazione dei protocolli.

    Rilevanza della diagnosi prenatale e del follow-up

    L’integrazione di 0,4 mg al giorno di acido folico almeno un mese prima del concepimento e durante il primo trimestre può ridurre il rischio di spina bifida fino al 70%. Le donne con una storia di spina bifida in gravidanze precedenti necessitano di dosaggi più elevati, tra 4 e 5 mg al giorno. Oltre 80 paesi hanno implementato programmi di fortificazione obbligatoria delle farine con acido folico, ottenendo una riduzione dell’incidenza fino al 50%. In Italia, sebbene non esista una fortificazione obbligatoria, è raccomandata la supplementazione volontaria, ma la copertura rimane insufficiente, con un’adesione stimata inferiore al 40% tra le donne in età fertile. Lucrezia De Cosmo, segretario del Gruppo di studio Neurologia e Follow-up della SIN, sottolinea l’importanza di una diagnosi prenatale precoce per ottimizzare il percorso nascita e garantire un’assistenza multidisciplinare fin dai primi giorni di vita.

    Gestione multidisciplinare delle patologie

    La gestione delle patologie come la spina bifida richiede un approccio multidisciplinare che coinvolga neonatologi, neurochirurghi, urologi, ortopedici, fisioterapisti e psicologi. Il neonatologo ha un ruolo centrale nel coordinare il percorso nascita, garantendo la stabilizzazione clinica e facilitando l’accesso alle cure specialistiche. Dal punto di vista clinico, la diagnosi prenatale, attraverso ecografie morfologiche e risonanza magnetica fetale, permette di pianificare il parto in centri di terzo livello dotati di neurochirurgia pediatrica e terapia intensiva neonatale, migliorando gli esiti chirurgici e riducendo il rischio di complicanze. La gestione tempestiva e multidisciplinare, che include la chiusura precoce della lesione e il trattamento dell’idrocefalo, è fondamentale per la prognosi a lungo termine. Il follow-up del neonato con spina bifida e idrocefalo è cruciale per migliorare la qualità di vita e prevenire complicanze, con controlli mensili nei primi sei mesi, trimestrali fino ai due anni e semestrali o annuali durante l’età scolare, a seconda della stabilità clinica.

    La SIN ribadisce la necessità di promuovere la supplementazione di acido folico in età fertile e di implementare programmi educativi per professionisti e popolazione. È fondamentale potenziare i registri epidemiologici nazionali e garantire percorsi nascita dedicati e team multidisciplinari per tutti i casi diagnosticati. La combinazione di prevenzione, diagnosi precoce e gestione integrata rappresenta la strategia più efficace per mitigare l’impatto della spina bifida e dell’idrocefalo, migliorando la qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie.


    La spina bifida è una malformazione congenita grave, causata dalla chiusura incompleta del tubo neurale durante le prime settimane di gravidanza. Questa condizione, associata spesso all’idrocefalo, influisce pesantemente sullo sviluppo infantile. I principali fattori di rischio includono la carenza di acido folico, obesità materna e diabete. La Giornata mondiale della spina bifida e idrocefalo si celebra il 18 ottobre. A livello globale, si stimano 2 casi ogni 1000 nati, mentre negli Stati Uniti e in Europa l’incidenza varia grazie a politiche di fortificazione alimentare con acido folico. La Società Italiana di Neonatologia sostiene una fortificazione obbligatoria per prevenire tali anomalie. Il trattamento richiede un approccio multidisciplinare, e la diagnosi prenatale è cruciale per migliorare i risultati. La supplementazione di acido folico è fondamentale, con scarsi risultati di adesione in Italia, dove gli sforzi educativi e di registrazione epidemiologica sono necessari per migliorare la gestione e la qualità della vita dei pazienti.

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  • Ipertensione: indicazioni su come e quando misurare correttamente la pressione

    Ipertensione: indicazioni su come e quando misurare correttamente la pressione

    Essere affetti da ipertensione, ovvero avere valori elevati di pressione arteriosa, rappresenta un grave fattore di rischio per diverse patologie, tra cui ictus, infarto del miocardio e insufficienza renale. Questi rischi non riguardano solo il cuore, ma possono colpire anche altri organi, come ad esempio gli occhi e il cervello.

    Il 24 ottobre 2025, alle ore 13:08, l’Istituto Superiore di Sanità ha rilasciato dati allarmanti: tra le persone di età compresa tra i 35 e i 74 anni, il 49% degli uomini e il 39% delle donne presenta valori pressori superiori alla norma. Gli esperti della piattaforma “Dottore ma è vero che…?”, creata dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici, Chirurghi e Odontoiatri (Fnomceo), hanno sottolineato che, sebbene l’ipertensione rappresenti una pessima notizia per la salute pubblica, esistono strategie di prevenzione e trattamenti efficaci che, se combinati con uno stile di vita sano, possono ridurre i rischi associati.

    Perché è importante mantenere la pressione bassa

    La condizione di ipertensione è direttamente collegata a un aumento delle probabilità di sviluppare patologie gravi. Gli esperti avvertono che il rischio è proporzionale alla gravità del disturbo: maggiore è la pressione, maggiori sono i danni agli organi. La pressione alta costringe il cuore a lavorare di più, il che può portare a un ingrossamento del muscolo cardiaco, a insufficienza cardiaca e a arteriosclerosi, una condizione in cui le arterie si restringono a causa di depositi di grasso e colesterolo. Questi eventi possono causare difficoltà respiratorie e affaticamento, oltre a un significativo aumento del rischio di infarto.

    Inoltre, un flusso sanguigno ridotto verso il cervello può portare a problematiche cognitive, come perdita di memoria e difficoltà di concentrazione, e nei casi più gravi, a demenza o ictus. È evidente che la gestione dell’ipertensione è cruciale per preservare la salute a lungo termine.

    Come misurare correttamente la pressione

    Per ottenere una misurazione accurata della pressione arteriosa, è fondamentale seguire alcune linee guida. Prima di effettuare la misurazione, è consigliabile sedersi in un ambiente tranquillo per alcuni minuti, evitando bevande contenenti caffeina e il fumo per almeno un quarto d’ora. È importante mantenere una postura corretta, con il braccio appoggiato all’altezza del cuore e senza incrociare gambe o piedi.

    Non c’è una regola rigida su quale braccio utilizzare, ma se si notano differenze significative tra le due misurazioni, si dovrà usare il braccio con la pressione più alta. Inoltre, le dimensioni del bracciale devono essere adeguate al braccio del paziente. Si raccomanda di effettuare almeno due misurazioni a intervalli di 1-2 minuti per garantire l’affidabilità dei risultati.

    Interpretazione dei valori della pressione

    La misurazione della pressione arteriosa fornisce due valori, espressi in millimetri di mercurio (mmHg): la pressione sistolica, rappresentata dal numero più alto, e la pressione diastolica, il numero più basso. La pressione sistolica indica la forza con cui il cuore pompa il sangue, mentre la pressione diastolica misura la pressione durante il rilassamento del cuore.

    Per i soggetti sani, i valori ottimali di pressione arteriosa si aggirano attorno a 120/80 mmHg, ma anche valori di 120-129 per la sistolica e 80-84 per la diastolica sono considerati normali. Tuttavia, per chi soffre di malattie cardiovascolari, è fondamentale non mantenere la pressione troppo bassa, poiché ciò potrebbe comportare effetti collaterali significativi.

    La corretta gestione della pressione arteriosa è essenziale per garantire una buona salute e prevenire gravi complicanze.


    L’ipertensione, ovvero l’alta pressione arteriosa, è un grave fattore di rischio per malattie come ictus, infarto e insufficienza renale, colpendo non solo il cuore, ma anche organi come cervello e occhi. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, nel 2025 il 49% degli uomini e il 39% delle donne tra i 35 e i 74 anni presentano valori pressori elevati. Un’elevata pressione aumenta il lavoro del cuore, portando a ingrossamento cardiaco, insufficienza e arteriosclerosi. Ciò può causare difficoltà respiratorie e problemi cognitivi, inclusa la demenza. È cruciale una corretta gestione della pressione, che include misurazioni accurate seguendo linee guida specifiche, per preservare la salute a lungo termine. I valori ideali sono intorno a 120/80 mmHg, ma in caso di patologie cardiovascolari è importante non mantenere la pressione troppo bassa. La prevenzione combinata a uno stile di vita sano può ridurre significativamente i rischi associati.

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  • Ipotiroidismo: il 7 novembre parte a Roma una campagna di prevenzione

    Ipotiroidismo: il 7 novembre parte a Roma una campagna di prevenzione

    Il prossimo 7 novembre 2025, Roma ospiterà l’iniziativa ‘Tsh-Focus ipotiroidismo‘, un’importante campagna di prevenzione dedicata alle patologie tiroidee. Promossa dalla Fondazione Consulcesi, con il patrocinio della Regione Lazio e la collaborazione della Fimmg Roma, l’evento mira a sensibilizzare la popolazione sull’importanza della diagnosi precoce e della prevenzione dell’ipotiroidismo. Medici e infermieri saranno a disposizione dei cittadini per offrire screening e consulenze gratuite, utilizzando un’unità mobile ‘Salute e inclusione’ e un gazebo dedicato, che verranno allestiti presso il Centro commerciale Roma Est, situato in via Collatina, Km. 12.800, dalle 10 alle 18.

    Dettagli dell’evento

    La campagna di prevenzione ‘Tsh-Focus ipotiroidismo‘ si propone di affrontare un problema di salute sempre più rilevante nella popolazione laziale. L’iniziativa prevede la possibilità di effettuare screening gratuiti per le patologie tiroidee, con un focus particolare sull’ipotiroidismo. I cittadini potranno usufruire di consulenze mediche e infermieristiche, con l’obiettivo di identificare e trattare tempestivamente eventuali disturbi legati alla tiroide.

    Inizialmente, era previsto un appuntamento il 24 ottobre 2025 per i dipendenti della Regione Lazio, tuttavia questo è stato riprogrammato per l’11 novembre, presso il Consiglio regionale in via della Pisana. La Fondazione Consulcesi, con il supporto di Merck, intende garantire un accesso diretto e gratuito alle informazioni e ai servizi sanitari, promuovendo una maggiore consapevolezza riguardo le malattie tiroidee.

    Obiettivi della campagna

    L’iniziativa si propone di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della prevenzione delle malattie tiroidee, in particolare per quanto riguarda l’ipotiroidismo e la tiroidite di Hashimoto, che occupano il terzo posto tra le patologie più diffuse nel Lazio, dopo l’ipertensione e l’ipercolesterolemia. Secondo i dati forniti da SaluteLazio, negli ultimi cinque anni si è registrato un incremento di quasi il 9% dei casi, con oltre 360mila diagnosi nel 2023, di cui più di 300mila riguardano donne.

    La campagna prevede anche un ulteriore appuntamento in una piazza romana entro la fine dell’anno, per continuare a diffondere informazioni utili e promuovere la salute della popolazione. I cittadini interessati possono effettuare un test orientativo online sul sito della Fondazione Consulcesi, dove riceveranno indicazioni su eventuali rischi legati alla salute tiroidea. Si consiglia di prenotare una consulenza medica presso l’unità mobile, qualora il test indichi un potenziale rischio.

    La campagna ‘Tsh-Focus ipotiroidismo‘ rappresenta un’opportunità preziosa per i cittadini romani di accedere a servizi sanitari gratuiti, contribuendo a migliorare la salute pubblica e a ridurre l’incidenza delle malattie tiroidee nella regione.


    On November 7, 2025, Rome will host the ‘Tsh-Focus Hypothyroidism’ initiative, a significant thyroid disease prevention campaign organized by the Consulcesi Foundation with support from the Lazio Region and Fimmg Roma. The event, located at the Roma Est Shopping Center, will run from 10 AM to 6 PM, offering free screenings and consultations for the public. It aims to raise awareness about the importance of early diagnosis and prevention of hypothyroidism and related conditions, especially Hashimoto’s thyroiditis, which are increasingly prevalent in Lazio. The campaign has seen a nearly 9% rise in diagnosis over the past five years, with over 360,000 cases reported in 2023. A prior appointment for Lazio Region employees has been rescheduled to November 11. An additional event will take place in a Roman square before year-end, promoting thyroid health and providing an online risk assessment test for interested individuals.

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  • Come prendersi cura di un familiare con demenza: consigli utili e pratici

    Come prendersi cura di un familiare con demenza: consigli utili e pratici

    La gestione della **demenza** è una sfida complessa che coinvolge non solo i **pazienti**, ma anche i loro **familiari** e **caregiver**. Nel 2025, la situazione in **Italia** è allarmante: circa 1,2 milioni di persone convivono con la **malattia di Alzheimer**, la forma più comune di demenza, e ogni anno si registrano oltre 150.000 nuovi casi. Questo fenomeno ha un impatto significativo sulle famiglie, poiché oltre l’80% dell’assistenza quotidiana è fornita dai familiari stessi. La **neurologa**, Dottoressa **Adriana Rum**, esperta in questo campo, condivide la sua esperienza e offre consigli pratici per affrontare questa difficile situazione.

    Le fasi della demenza e le reazioni dei pazienti

    Nella fase iniziale della **demenza**, i pazienti iniziano a mostrare difficoltà a ricordare dettagli quotidiani, come la posizione degli oggetti o la preparazione di piatti familiari. Le reazioni dei pazienti variano notevolmente in base alla loro personalità. Le persone più riservate tendono a ritirarsi e a mostrare comportamenti evitanti, mentre gli individui estroversi possono reagire con **ansia** e **nervosismo**. Queste reazioni possono generare tensioni all’interno della famiglia, poiché i pazienti diventano frustrati per le loro dimenticanze e possono accusare i familiari di interferire.

    In questa fase, è comune osservare un aumento dei disturbi dell’umore, con la comparsa di depressione e ansia. È fondamentale che il paziente e il caregiver siano consapevoli di queste reazioni emotive, poiché possono influenzare negativamente la capacità di affrontare la malattia. Un approccio comunicativo adeguato è cruciale per migliorare la qualità della vita del paziente e del caregiver.

    La gestione quotidiana nella fase avanzata

    Con l’aggravarsi della malattia, la gestione delle attività quotidiane diventa sempre più impegnativa. I caregiver, che possono essere coniugi o figli, devono prestare particolare attenzione alle esigenze del paziente, garantendo che mantenga la propria dignità durante le attività di cura personale. In questa fase, i pazienti possono rifiutare di lavarsi o vestirsi, creando conflitti e **ansia** sia per loro che per i caregiver.

    Alcuni familiari scelgono di trasferire il proprio caro in una **struttura sanitaria**, mentre altri optano per un’assistenza domiciliare, assumendo badanti o operatori sociosanitari professionisti. Questi ultimi sono formati per fornire assistenza a pazienti affetti da demenza in tutte le fasi della malattia, contribuendo a migliorare la qualità della vita del paziente e a ridurre il carico emotivo e fisico sui familiari.

    La fase finale e il supporto necessario

    Nell’ultima fase della demenza, i pazienti possono sviluppare la sindrome di allettamento, che richiede un’alimentazione assistita tramite sondino. Questa fase è particolarmente difficile per i familiari, poiché il paziente perde la consapevolezza e la capacità di comunicare. La cura igienica e l’alimentazione diventano compiti complessi, spesso privi di interazioni significative.

    In questa fase, è fondamentale che il caregiver riconosca l’importanza di chiedere aiuto. La richiesta di supporto non deve essere vista come una sconfitta, ma come un passo necessario per garantire una gestione adeguata della situazione. Le istituzioni regionali offrono programmi di assistenza e riconoscimento per i caregiver, che possono rivolgersi al **Punto Unico di Accesso** (PUA) per ricevere informazioni sui supporti disponibili.

    L’accompagnamento e il supporto ai familiari di pazienti affetti da demenza sono essenziali per alleviare il peso dell’assistenza. La condivisione delle responsabilità e la disponibilità a ricevere aiuto possono rendere più sopportabile il percorso della malattia, contribuendo a mantenere un senso di umanità e rispetto nella cura dei propri cari.


    La gestione della demenza, in particolare della malattia di Alzheimer, rappresenta una sfida significativa in Italia, dove nel 2025 circa 1,2 milioni di persone ne soffrono e oltre 150.000 nuovi casi vengono registrati annualmente. La maggior parte dell’assistenza è fornita dai familiari, con conseguenti tensioni e stress. Le reazioni dei pazienti variano: coloro che sono più riservati tendono a ritirarsi, mentre gli estroversi possono sviluppare ansia. Con il progredire della malattia, le attività quotidiane si complicano e i caregiver devono affrontare rifiuti e conflitti nel mantenere la dignità del paziente. Nella fase finale, la cura diventa estremamente difficile e spesso richiede assistenza professionale. È cruciale che i caregiver cercino supporto e condividano le responsabilità, poiché questo aiuta a sostenere il peso dell’assistenza e a mantenere un approccio umano nella cura dei propri cari. Le istituzioni offrono programmi di aiuto per facilitare il percorso.

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  • Parodontite: il gel a base di staminali accelera la rigenerazione ossea e gengivale per impianti dentali

    Parodontite: il gel a base di staminali accelera la rigenerazione ossea e gengivale per impianti dentali

    Oggi, 24 ottobre 2025, si è svolto a Firenze il congresso internazionale Osteology-SIdP, evento di riferimento nel campo dell’odontoiatria rigenerativa. Durante il congresso, sono state presentate procedure innovative che promettono di rivoluzionare il trattamento delle perdite ossee e gengivali. Queste tecniche, basate sull’utilizzo di fattori di crescita provenienti da cellule staminali estratte dalla polpa dentale, stanno aprendo nuovi orizzonti nella rigenerazione dei tessuti orali.

    Innovazioni nella rigenerazione ossea

    Le nuove procedure consentono una riduzione significativa dei tempi di attesa per la formazione di nuovo osso, che possono scendere fino a cinque mesi. Attualmente, il processo di guarigione per l’inserimento di un impianto varia da 4 a 12 mesi, ma grazie all’uso di gel contenenti acido ialuronico e proteine, è possibile stimolare la crescita di tessuti ossei e gengivali simili a quelli naturali. Queste scoperte sono state illustrate dal presidente della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia, Francesco Cairo, durante il congresso.

    La spesa per l’odontoiatria rigenerativa in Italia ha raggiunto circa 92 milioni di euro all’anno e si prevede una crescita fino a quasi 138 milioni nei prossimi cinque anni. Questa espansione è alimentata dalla crescente domanda di impianti dentali, soprattutto a causa dell’invecchiamento della popolazione, con circa 10 milioni di interventi eseguiti annualmente nel paese.

    Meccanismi di funzionamento delle terapie

    Francesco Cairo ha spiegato che la parodontite è una delle malattie più comuni tra gli adulti e, se non trattata, può portare a gravi conseguenze, tra cui la perdita dei denti. Le terapie chirurgiche parodontali utilizzano biomateriali per rigenerare i tessuti perduti, aumentando il volume di osso e gengiva necessari per l’inserimento di impianti. Il materiale di innesto può provenire dal paziente stesso, da fonti animali o sintetiche, con un focus crescente sulla biocompatibilità.

    Le procedure rigenerative vengono generalmente eseguite in ambulatorio con anestesia locale. Nonostante il decorso operatorio sia semplice, il processo di guarigione richiede tempo. Tuttavia, le nuove terapie mininvasive stanno accelerando la maturazione degli innesti, con riduzioni dei tempi di guarigione fino a cinque mesi.

    Utilizzo di cellule staminali e gel innovativi

    La terapia con cellule staminali derivate dalla polpa dentale è tra le tecniche più promettenti per la rigenerazione dei tessuti orali. Queste procedure permettono una ricrescita naturale dei tessuti con risultati clinici eccellenti e un minor prelievo di tessuto dal paziente. Inoltre, il supporto governativo, che include l’ampliamento della copertura sanitaria e finanziamenti per la ricerca, sta contribuendo a questa crescita.

    Un’altra procedura innovativa consiste nel trattamento con piastrine estratte dal plasma del paziente, particolarmente efficace per i gravi riassorbimenti ossei. Questa tecnica stimola le cellule residue attorno alla radice dentale, promuovendo la riformazione dei tessuti perduti.

    Nuove molecole per la rigenerazione

    Per migliorare la rigenerazione degli innesti, sono in fase di sviluppo nuove molecole. I gel contenenti proteine derivate dalla matrice dello smalto dentale, insieme a polinucleotidi e acido ialuronico, hanno dimostrato di favorire la crescita cellulare. L’acido ialuronico mantiene un ambiente idratato e attrae fattori di crescita, mentre i nucleotidi creano un ambiente protettivo per la riparazione e la crescita cellulare.

    Studi recenti, in particolare da Italia e Corea del Sud, stanno indagando l’azione rigenerativa di un polinucleotide chiamato Pdrn, derivato dal DNA di pesci come trote e salmoni. Le ricerche hanno evidenziato che il Pdrn può promuovere l’angiogenesi e ridurre l’infiammazione, mostrando risultati incoraggianti nei trial clinici. Tuttavia, sono necessari ulteriori studi per confermare la sua efficacia a lungo termine.


    Il 24 ottobre 2025, a Firenze, si è tenuto il congresso internazionale Osteology-SIdP, focalizzato sull’odontoiatria rigenerativa. Sono state presentate innovazioni per trattare perdite ossee e gengivali tramite fattori di crescita derivati da cellule staminali della polpa dentale. Queste tecniche promettono di ridurre il tempo di guarigione per gli impianti da 4-12 a 5 mesi, utilizzando gel con acido ialuronico e proteine. Francesco Cairo, presidente della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia, ha evidenziato l’importanza di queste procedure. La spesa per l’odontoiatria rigenerativa è attualmente di 92 milioni di euro all’anno, con previsioni di crescita. Diverse terapie, inclusa quella con cellule staminali e piastrine, mirano a rigenerare i tessuti orali, mentre nuove molecole, come il Pdrn, mostrano potenziale per ulteriori miglioramenti, promuovendo l’angiogenesi e riducendo l’infiammazione, sebbene siano necessarie ulteriori ricerche.

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  • Balbuzie, dare voce alle parole spezzate

    Balbuzie, dare voce alle parole spezzate

    Quando si parla di balbuzie, l’immaginario collettivo si ferma spesso alla caricatura del personaggio che balbetta nelle barzellette o alla pietà per chi non riesce a completare una frase. Questo disturbo della fluenza della parola, che interessa circa l’uno per cento della popolazione, nasce però da un intreccio di fattori biologici, psicologici e ambientali, e incide profondamente sulla vita di chi ne soffre.

    Le persone che balbettano non combattono solo contro suoni che non escono ma anche contro lo sguardo giudicante degli altri. Parlarne è quindi un’occasione per riflettere sul nostro modo di ascoltare e sulla relazione fra diversità e accoglienza.

    La complessità delle cause e il peso dello stigma

    Le ricerche indicano che la balbuzie ha radici genetiche e neurologiche, e che spesso si manifesta tra i due e i sei anni. La famiglia e il contesto influiscono: un ambiente che mette il bambino sotto pressione o lo rimprovera per ogni esitazione può aggravare il problema. Anche l’ansia e l’insicurezza giocano un ruolo, perché la paura di balbettare aumenta i blocchi. Accanto alle origini del disturbo c’è un’altra componente invisibile ma devastante: il pregiudizio. Chi balbetta è spesso visto come meno capace, meno sicuro di sé o addirittura poco intelligente. Queste etichette feriscono più delle sillabe che inciampano e spingono molti a rinchiudersi nel silenzio, rinunciando a intervenire in classe, a dire la loro al lavoro o a partecipare a una conversazione.

    Terapie, progressi e responsabilità collettiva

    Il lato positivo della storia è che oggi esistono percorsi di cura efficaci. Logopedisti e psicologi lavorano insieme per insegnare tecniche di respirazione e di pronuncia, aiutare a gestire l’ansia e ricostruire l’autostima. Nei casi più complessi, dispositivi elettronici danno un feedback in cuffia che aiuta a regolare il ritmo della parola. Ma il lavoro dei professionisti da solo non basta. La balbuzie ricorda che la comunicazione è un atto a due: se non diamo tempo all’altro di parlare, se lo interrompiamo completando le frasi, se ridiamo dei suoi sforzi, alimentiamo il suo disagio. Ognuno di noi può rendere più leggero il percorso di chi balbetta semplicemente ascoltando con pazienza e senza giudicare.

    Guardare oltre la notizia

    Le campagne e le giornate dedicate alla balbuzie ci offrono uno spunto prezioso: spostare l’attenzione dalla notizia all’esperienza quotidiana. È giusto raccontare le storie di chi ha trovato aiuto e di chi lotta per far sentire la propria voce, ma è altrettanto importante discutere delle questioni più profonde. Come si può garantire un accesso equo alle terapie, spesso costose, in un sistema sanitario sotto pressione? In che modo la scuola può diventare un luogo dove la diversità della parola non diventa motivo di esclusione? E cosa insegnano le persone che balbettano a una società che predilige la velocità e l’efficienza?

    Nel rispondere a queste domande si intravedono le soluzioni: investire nella ricerca e in servizi pubblici che offrano logopedia e supporto psicologico; formare insegnanti e genitori perché sappiano riconoscere e affrontare il disturbo; costruire ambienti di lavoro e spazi pubblici dove il tempo della conversazione sia rispettato. Riflettere sulla balbuzie significa interrogarsi sul valore che diamo alla parola e al tempo, ricordando che una comunità che sa ascoltare è una comunità che cresce.

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    La balbuzie è un disturbo della comunicazione che colpisce circa l’1% della popolazione, derivante da fattori biologici, psicologici e ambientali. Le persone che ne soffrono non si confrontano solo con le difficoltà nel parlare, ma anche con il giudizio degli altri, subendo stigma e pregiudizi che possono limitare la loro partecipazione sociale. La balbuzie ha radici genetiche e neurologiche, spesso manifestandosi in età infantile, e può essere aggravata da ambienti familiari stressanti e dall’ansia. Fortunatamente, esistono strategie terapeutiche utili, come tecniche di respirazione e apparecchi elettronici di feedback. Tuttavia, il cambiamento richiede anche un impegno collettivo: ascoltare senza giudicare e garantire accesso equo alle terapie sono fondamentali. È essenziale promuovere un ambiente sociale che rispetti il tempo di espressione di ognuno, contribuendo a una comunità più inclusiva e consapevole.

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