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Occhio bionico per la cecità senile: l’84% dei pazienti riacquista la vista con microchip e occhiali intelligenti

Un innovativo dispositivo hi-tech è stato testato su pazienti di età superiore ai 60 anni in cinque Paesi europei, compresa l’Italia. Questo strumento, sviluppato da esperti di Stanford Medicine, è stato denominato ‘Prima’ e rappresenta un significativo passo avanti nella lotta contro la cecità causata dalla degenerazione maculare secca legata all’età. Il dispositivo è composto da un piccolo chip senza fili, di dimensioni 2 millimetri per 2, che viene impiantato nella parte posteriore dell’occhio. Un paio di occhiali smart, dotati di una microcamera, cattura immagini e le proietta in tempo reale sul chip attraverso la luce infrarossa. Il chip, a sua volta, converte queste immagini in stimolazioni elettriche, sostituendo i fotorecettori naturali danneggiati dalla malattia.

Studio clinico e risultati

Il dispositivo Prima è stato oggetto di uno studio clinico che ha coinvolto 38 pazienti over 60, condotto in 17 ospedali di cinque Paesi europei, tra cui l’Italia. I risultati, pubblicati nel New England Journal of Medicine, hanno mostrato che l’84% dei partecipanti è riuscito a leggere lettere, numeri e parole, ripristinando così la vista in occhi precedentemente compromessi dalla patologia progressiva e incurabile nota come atrofia geografica, una forma avanzata di degenerazione maculare senile. Questa malattia colpisce oltre 5 milioni di persone a livello globale, rappresentando la causa principale di cecità irreversibile tra gli anziani.

Ricerca e sviluppo del dispositivo

Lo studio multicentrico è stato co-diretto da José-Alain Sahel, direttore dell’Upmc (University of Pittsburgh Medical Center) Vision Institute, insieme a Daniel Palanker della Stanford University e Frank Holz dell’università di Bonn. Il dispositivo Prima è il risultato di anni di ricerca, prototipi e sperimentazioni, culminando in un piccolo studio preliminare sull’uomo. I pazienti coinvolti nello studio sono riusciti a leggere in media cinque righe di una tabella visiva, mentre prima dell’intervento alcuni di loro non erano in grado nemmeno di vedere la tabella. Tra i 32 partecipanti che hanno completato un follow-up di 12 mesi, l’81% ha ottenuto miglioramenti clinicamente rilevanti nell’acuità visiva, e il 84% ha riferito di utilizzare la protesi visiva per leggere a casa.

Innovazione e impatto

Daniel Palanker, coautore senior dello studio, ha lavorato a questo tipo di dispositivo per vent’anni, riconoscendo l’importanza di sfruttare la trasparenza dell’occhio per trasmettere informazioni attraverso la luce. “Il dispositivo che avevamo immaginato nel 2005 ora funziona bene sui pazienti”, ha affermato. Per la prima volta, un tentativo di ripristino della vista ha prodotto risultati simili su un numero così elevato di pazienti, come ha confermato Sahel, sottolineando l’innovazione apportata dalla protesi.

Funzionamento del dispositivo ‘Prima’

Circa un mese dopo l’impianto, il chip viene attivato una volta che l’occhio si è stabilizzato. La videocamera negli occhiali proietta l’immagine visiva direttamente sul chip, attivando così il dispositivo. Gli algoritmi di intelligenza artificiale elaborano queste informazioni tramite un computer portatile, convertendo i dati in segnali elettrici che viaggiano attraverso le cellule retiniche fino al cervello, dove vengono interpretati come visione.

Riabilitazione e esperienza dei pazienti

I pazienti utilizzano gli occhiali per mettere a fuoco e ingrandire l’oggetto principale nell’immagine proiettata. Ogni partecipante segue un programma di riabilitazione intensiva della durata di diversi mesi per apprendere come interpretare questi segnali e riprendere a leggere. Mahi Muqit, professore associato all’Ucl (University College London) Institute of Ophthalmology e consulente senior al Moorfields Eye Hospital, ha dichiarato che questa innovazione segna una nuova era nella storia della visione artificiale, poiché i pazienti non vedenti possono ottenere un significativo ripristino della visione centrale.

Procedura di impianto e sviluppo futuro

La procedura di impianto prevede una vitrectomia, durante la quale il chirurgo rimuove il corpo vitreo dell’occhio e inserisce il microchip sotto la retina del paziente. Il trial, denominato ‘PRIMAvera’, si è svolto anche in Francia, Germania, Olanda e Regno Unito. L’Upmc è stato il primo centro negli Stati Uniti a impiantare il dispositivo nel 2020, sotto la direzione del professore associato Joseph Martel. Sulla base dei risultati ottenuti, il produttore del dispositivo, Science Corporation, ha presentato domanda di autorizzazione all’uso clinico sia in Europa che negli Stati Uniti.

Sheila Irvine, una delle pazienti coinvolte nello studio, ha condiviso la sua esperienza: “Volevo partecipare per aiutare le generazioni future. Prima dell’impianto, era come avere due dischi neri negli occhi. Ero un’avida lettrice e desideravo tornare a esserlo. È stato emozionante iniziare a leggere di nuovo. Non è semplice, ma più mi impegno, più riesco a imparare”.


Un nuovo dispositivo hi-tech, chiamato ‘Prima’, è stato testato su pazienti over 60 in cinque Paesi europei, inclusa l’Italia, per combattere la cecità causata dalla degenerazione maculare secca legata all’età. Questo dispositivo, sviluppato da Stanford Medicine, prevede un microchip impiantato nell’occhio che, tramite occhiali smart dotati di microcamera, cattura immagini e le invia al chip per trasformarle in stimolazioni elettriche. In uno studio clinico su 38 pazienti, l’84% ha riportato un miglioramento nella capacità di leggere. Dopo un mese dall’impianto, i pazienti hanno seguito un programma di riabilitazione per apprendere a interpretare i segnali visivi. Grazie a questa innovazione, molti pazienti, precedentemente non vedenti, hanno recuperato la vista centrale, segnando una svolta nella visione artificiale. Il dispositivo potrebbe presto ricevere approvazione clinica in Europa e negli Stati Uniti.

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